Bastone o carota?

28 Gennaio 2022

Recentemente ho letto un’interessante intervista di Fabio Carducci a Chester Elton su Il Sole24ore dal titolo: “Per motivare un team la carota funziona molto meglio del bastone”.

Chester Elton è un consulente di esperienza ventennale dal temperamento vivace ed empatico, autore con Adrian Gostick di «Vince il migliore» (Franco Angeli) e del bestseller «The Carrot Principle». La sua società di consulenza è specializzata nella motivazione e nel cambiamento culturale in azienda ed ha, tra i suo clienti, aziende leader come Pepsi, American Express, Madison Square Garden, Avis Budget Group, Texas Roadhouse.

«Se nel mio team riconosco che c’è un problema, occorre capire qual è e come risolverlo».

Perché un team sia efficace è evidentemente importante allineare gli obiettivi del team con quelli degli individui. Che cosa si può fare quando divergono? Quando il team punta a massimizzare la produttività, ipotizziamo, e il singolo punta a massimizzare il proprio tempo libero?

Durante l’intervista, Mr. Elton spiega che in una squadra è fondamentale considerare e capire ogni suo singolo membro.
Un buon leader è dotato di “soft skills”, di competenze relazionali, e deve trovare quindi del tempo per parlare con ciascuno, anche dei problemi personali o familiari. Un confronto empatico, quindi, che però non esclude una “conversazione dura”, quando necessario. Perché in gioco c’è il rischio di essere costretti a lavorare con un team disfunzionale, in cui le responsabilità del singolo ricadono su tutta la squadra e sul suo leader.

I fattori soft, come capacità comunicativa e relazionale, creatività, empatia, gestione dello stress, sono molto importanti, in quanto Chester Elton ha potuto riscontrare che in ogni caso di successo, il leader era dotato di soft skills straordinarie, oltre a quelle “hard” necessarie, ovviamente.
Sono leader che danno valore alle persone, conoscono le loro storie, sono capaci di motivarle. In una parola, si “prendono cura” dei loro collaboratori. Nonostante questa evidenza empirica, le soft skills sono invece poco praticate da molti leader.

Mr. Elton individua due ragioni di questo.
La prima è una mancanza di fiducia in sé stessi e negli altri: il leader teme che se si mostrasse “morbido”, i suoi collaboratori se ne approfitterebbero. Ma competenze “morbide” non significa leader deboli.
La seconda ragione è il timore dei leader di apparire vulnerabili, di sembrare stupidi.

Tra le doti trasversali di un leader, Chester Elton ne indica due alle quali attribuire molta importanza: riuscire a comprendere le differenze tra le diverse generazioni che si trovano a lavorare insieme e riuscire ad avere la capacità di mettere tutto in discussione, di ispirare l’innovazione attraverso il “dissenso salutare”. Il team deve lavorare in un clima di “sicurezza emotiva” dove tutti sanno che dietro le critiche c’è una sfida alle idee, che vengono messe salutarmente in discussione, non alle persone.

Questo clima poi porta a identificare le ricompense quali armi migliori per stimolare un team anziché le punizioni.

Ma non c’è il rischio che alla fine i leader “duri” siano più rispettati?
In “The Carrot Principle” si racconta come i manager più efficaci, che Mr. Elton abbia incontrato, avessero un senso del valore delle persone e una connessione emotiva con loro. E le ricerche dimostrano che tutti ci impegniamo di più quando abbiamo un senso di valore personale.

La responsabilità personale è fondamentale, ma il leader efficace deve rendere i suoi collaboratori responsabili “in a caring way”, prendendosi cura di loro.

Proprio per questo Mr Elton ha ideato la “regola del tre”:
1. Rispettare i più alti standard;
2. Niente scuse;
3. Facciamo il tifo l’uno per l’altro.

Infine, assumere sempre un’intenzione positiva: “Risolviamo il problema insieme”. Questo cambia tutto.

Quanto sopra descritto fa parte di quell’insieme di competenze trasversali che riescono a migliorare la nostra vita lavorativa e quella degli altri e che dobbiamo riuscire ad alimentare giorno dopo giorno per il nostro benessere.

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